fraLE contaminazioni
Relazione, dialogo, condivisione: sono concetti alla base dell’arte e della riflessione artistica contemporanea. Consapevole del contesto in cui vuole operare, fraLE non intende riproporre forme e risultati di queste riflessioni e ricerche, ma utilizzarli come punto di partenza per creare una propria modalità di confronto e supporto.
A partire dagli anni ’90 una delle tematiche più discusse in ambito artistico sono le cosiddette “pratiche partecipate”. Con questo termine si intende tutti i dispositivi messi in atto dagli artisti e istituzioni per incentivare una fruizione da parte del pubblico che sia più attiva e partecipe, al fine di superare eventuali soglie simboliche e stimolare un’esperienza artistica che sia più significativa e memorabile.
Dal museo costruttivista di George Hein alle teorizzazioni più recenti del cosiddetto “Social turn” di Claire Bishop, si è progressivamente passati all’idea di sfumare il confine tra chi crea l’arte e chi la fruisce, riposizionando il pubblico da “beholder”, “viewer”, a “co-producer” a “partecipant”.
Questo tipo di riflessioni si concentrano esclusivamente sulla relazione tra pubblico e mondo dell’arte, in modo analogo accade nella ricerca artistica. Nelle numerose indagini fatte sul binomio arte e relazione, dalle Avanguardie fino all’Estetica Relazionale di Nicolas Bourriaud, le pratiche partecipative sono quasi sempre state destinate al solo coinvolgimento del visitatore.
Il mondo dell’arte non si relaziona unicamente verso l’esterno, con il suo pubblico, ma le relazioni sono parte integrante del funzionamento interno dello stesso sistema dell’arte. Come delinea Howard Becker, qualsiasi lavoro artistico richiede l’azione congiunta di un certo numero di persone e dunque ogni opera d’arte, progetto artistico, esposizione o evento danno vita a modelli di attività collettiva. Relazionarsi e confrontarsi con tutti coloro che prendono parte alle diverse fasi della creazione e produzione artistica diventa dunque centrale. Da studentз, direttorз museali, da artisti a educatorз, da tirocinantз a curatorз: tutti ricoprono un ruolo necessario e funzionale all’interno del sistema dell’arte.
fraLE intende partire da questi principi di partecipazione sviluppati da Hein, Bishop e Bourriaud, reinterpretandoli per costruire un dialogo tra gli operatori del mondo dell’arte.
In una galleria canadese, tra il 1993 e il 2003, è stato condotto l’esperimento “Explore a Paiting in Deep”. Lo scopo di questo studio era testare l’efficacia delle pratiche partecipate di fruizione dell’arte. Nel corso di questi 10 anni, lз visitatorз della galleria erano invitati a entrare in uno stand dove era collocato un dipinto paesaggistico di un pittore canadese. Una volta entrati, una voce registrata li invitava a immergersi nel quadro e lasciare correre l’immaginazione. Terminato l’ascolto, i visitatori erano invitati a raccontare e descrivere la propria esperienza su delle apposite schede messe a disposizione dalla galleria.
Austin Clarkson e Douglas Worts, i due studiosi che hanno seguito l’esperimento, hanno tratto un’importante osservazione da questa esperienza. La fruizione di un’opera d’arte si rivela essere più intensa, memorabile e significativa nel momento in cui viene lasciata libera di mescolarsi e integrarsi con l’esperienza personale del fruitore.
La conclusione è che la fruizione non si debba solo configurare come scambio di informazioni accademiche, ma anche come scambio di emozioni ed esperienze. Ispirandosi a questa considerazione, la volontà di fraLE è di creare uno scambio informale non solo di informazioni tecniche e specialistiche, specifiche della nostra professionalità, ma anche di opinioni ed esperienze personali.
Riportare l’attenzione sull’importanza e il valore del proprio racconto personale permette di ritrovare fiducia nel proprio percorso e nelle proprie idee, consentendo non solo di consolidare i propri progetti, ma anche di affrontare a testa alta un mondo che molto spesso incute paura, soprattutto per chi non si è ancora formalmente inserito all’interno del sistema.
Restituendo valore e dignità all’esperienza e alle emozioni, si attiverà una comunicazione che intende rifiutare l’impostazione verticistica di una masterclass o di una lettura di portfolio, nelle quali un esperto infonde dall’alto il suo sapere. L’idea di fraLE è di adottare una prospettiva orizzontale dove persone con gli stessi interessi, e che operano nello stesso settore, si scambino consigli e punti di vista. In altre parole: un dialogo tra pari.
Questo bisogno di confronto viene espresso da fraLE anche nella scelta di non produrre esposizioni ed eventi che non siano diretta conseguenza di questa interazione. In un mondo dell’arte già saturo di opere e di offerte culturali, fraLE vuole concentrare il suo operato in pratiche immateriali quali l’ascolto e il confronto, supportando unicamente lo sviluppo di idee e progetti già in divenire. Come ci ricorda Kenneth Goldsmith, nel 1969 l’artista concettuale Douglas Huebler ha scritto “Il mondo è pieno di oggetti, più o meno interessanti; Io non desidero aggiungerne altri.”
Il mondo dell’arte vive sulla relazione e sulla comunicazione, non solo tra chi produce l’arte e chi la fruisce, ma soprattutto tra coloro che la creano. Tuttavia, troppo spesso il mondo dell’arte ci è parso sordo e inaccessibile. Il concetto di relazione e l’intenzione di relazionarsi ci appaiono più come uno slogan che come un’effettiva possibilità.
Esattamente come Clarkson e Worts invitavano i visitatori a lasciare traccia dei loro pensieri nelle schede offerte dalla galleria, così fraLE invita chi lavora nel mondo dell’arte a condividere e discutere le loro considerazioni e idee. In questo modo si vuole mettere in moto un processo comunicativo reale, che coinvolga e intrecci le persone e i loro punti di vista, superando vuote dichiarazioni retoriche.
Nel 1967 Walter De Maria colloca un telefono al centro di una sala espositiva con un biglietto che dice “Se questo telefono squilla, puoi rispondere. Walter De Maria è in linea e vorrebbe parlare con te.” Il significato dell’opera non risiede nel parlare davvero con De Maria, ma nel gesto dell’artista di voler stabilire una connessione con il visitatore. La forza di questa installazione è data dal bisogno di trascendere lo spazio espositivo, creando così un momento altro destinato unicamente al confronto, in cui i rispettivi ruoli, quello di artista e di visitatore, si annullano. In quest’opera viene messa in discussione la retorica del parlare al visitatore per parlare finalmente, e forse solo ideologicamente, con il visitatore.
fraLE non vuole collocarsi all’altro capo della cornetta sostituendo De Maria, ma vuole rappresentare concretamente quel telefono: un dispositivo attivatore di confronto e discussione, spazio d’ascolto accessibile a chi è disposto a esporsi e mettersi in gioco.
Sfruttando appieno i media digitali e internet, fraLE intende offrire una via alternativa per inserirsi nel mondo dell’arte, oltrepassandone le convenzioni. Per entrare in contatto o interagire con qualcuno non servirà più imbucarsi a un opening o scroccare un invito a un evento riservato, ma basterà prenotare un incontro con fraLE.
Nota:
In questo testo abbiamo deciso di utilizzare lo schwa (“ə” al singolare “з” al plurale), suono vocalico neutro, con l’intento di dar vita a un linguaggio maggiormente inclusivo. Le altre volte in cui si è ricorso al maschile generico lo si è fatto nella consapevolezza della convenzione linguistica e intendendo uno spettro più ampio di identità di genere.